Milano – Un pezzo di storia del telegiornalismo sportivo italiano se n’è andato con la morte di Bruno Pizzul, volto e voce inconfondibile di centinaia di telecronache che dalla fine degli anni ’60 ai primi anni del nuovo millennio hanno raccontato il nostro calcio: le imprese felici e meno felici della Nazionale Azzurra e quelle più o meno trionfali delle squadre protagoniste di tanti campionati. E non si può non ricordare, a testimonianza di una grande professionalità, la straziante “maratona” telecronistica che il 29 maggio 1985 Pizzul affrontò nella diretta Rai della tragica notte dello stadio Heysel di Bruxelles, la finale di Coppa Campioni funestata dalla strage di 39 tifosi sugli spalti.
Pizzul è morto in mattinata nell’ospedale di Gorizia, tre giorni prima del suo 87° compleanno. Friulano di Udine dove era nato nel 1938, da tempo si era ritirato a vivere nella sua Cormons. Dotato di grande prestanza fisica, Bruno Pizzul è stato in gioventù un discreto calciatore professionista, per poi entrare in Rai come giornalista nel 1969. La sua firma da telecronista era una caratteristica voce nasale dai toni sempre pacati e dai giudizi calibrati, una voce che ha accompagnato i Mondiali e gli Europei degli Azzurri dal 1986 (prendendo il posto di Nando Martellini) fino al 2002. E stato telecronista ma anche commentatore, opinionista, uomo di sport a tutto campo, co-conduttore delle principali trasmissioni sportive Rai (La Domenica Sportiva, Domenica Sprint, Sport Sera) e poi, terminata la carriera giornalistica nel 2003, presentatore e conduttore e di innumerevoli manifestazioni a sfondo sportivo.
Frequenti anche, negli anni successivi al suo pensionamento, le apparizioni di Pizzul in programmi tv Rai (come ‘Quelli che il calcio’) e di altre reti (LA7, RMC, Dazn). E’ stato anche saltuariamente commentatore di altri sport, e attore e doppiatore in piccole parti cinematografiche.
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