Addio all’uomo delle “notti magiche” del 1990. Azeglio Vicini se n’è andato, a 84 anni, portando con sé il ricordo di quell’ ”estate italiana” trascorsa dagli sportivi (e non solo) “aspettando il gol”. Gol ne arrivarono, la sua Italia concluse quel mondiale senza mai perdere sul campo, ma non bastò per andare oltre il terzo posto. Fatali furono i rigori per decidere la sfida di semifinale con l’Argentina.
Non è stato ripagato, Vicini, dai risultati come avrebbe meritato nella sua carriera da ct azzurro, prima della Under e poi della Nazionale maggiore. E’ stato ripagato però dalla stima dei tanti che l’hanno conosciuto, frequentato, e hanno diviso con lui gioie e amarezze della vita in azzurro. E lo ha dimostrato l’ultimo saluto che il mondo del calcio ha voluto dargli, nel Duomo di Brescia, la città dove ha vissuto per oltre cinquant’anni, pur restando sempre legato alla sua Romagna, a Cesenatico, dove riposerà.
Erano in molti, i suoi ex azzurri, insieme ai dirigenti ed ex dirigenti della Figc e alla gente comune, ad ascoltare le parole di mons. Claudio Paganini, delegato allo sport per la diocesi di Brescia, per ricordare la figura di Azeglio come “maestro vero”, sul campo e fuori. Perchè di Vicini spiccavano le “qualità morali e sportive” , ha detto Giancarlo Abete, ex presidente della Figc, “in un mondo, come quello del calcio, nel quale talvolta si perde la misura”.
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